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Si parte per la Val Camonica

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La mia settimana d’estate inizia sempre in maniera esaltante. E’ lunedì e il programma è quello di vistare un’azienda agricola in Valcamonica e scoprire la lavorazione di un nuovo formaggio: il Fatulì della Valsaviore.
Si parte e questa volta ho un’accompagnatrice di fiducia intenzionata a fotografare ogni momento della produzione, mia figlia Emilia.

Il paesino si trova nel comune di Artogne in provincia di Brescia e per arrivarci non si può certo guidare un supermacchinone, di quelli di moda oggi.
La strada si stringe sempre più, ma Gualberto al telefono mi rassicura di raggiungere l’azienda in macchina passando in mezzo al bosco.
Dall’alto il panorama è davvero appagante sulla Valcamonica e sulla vicina Valsaviore.
Gualberto e sua moglie gestiscono l’azienda, la seconda in cucina nel fine settimana e Gualberto che alleva circa 30 capre bionde dell’Adamello e produce formaggi di capra.
Gualberto ha recuperato assieme ad altri allevatori locali la capra bionda dell’Adamello che per alcuni anni ha rischiato l’estinzione dovuta a scarsa attenzione e rimescolamenti genetici. In particolare mi interessa un prodotto, Il Fatulì della Valsaviore che significa “piccolo pezzo” in dialetto locale.
Il Fatulì viene prodotto da primavera all’autunno, può stagionare da uno a sei mesi. Gualberto rompe la cagliata una volta sola e la riscalda nuovamente entro 30 gradi; usa sieroinnesto o fermenti, quest’ultimi preferiti nei mesi più caldi perchè il latte si stabilizza e coagula più velocemente. Dopo un mese di stagionatura viene affumicato a freddo, bruciando bacche e arbusti di ginepro che conferscono al formaggio un profumo intenso, la pasta rimane morbida e bianca dal sapore fresco e leggermente acido.
Il Fatulì è senz’altro la più bella e interessante espressione del lavoro agricolo di uomini e donne della Valcamonica. Ringrazio Gualberto perchè quella mattina ha tardato per me, per poterci mostrare tutta la produzione. Poi mi dice “se hai tempo vai a trovare Enrico, produce un formaggio di mucca strepitoso…” e si perde nelle indicazioni stradali. Ma questa è già un’altra storia.

La Val d’Orcia

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Avevo voglia di Toscana e di formaggi di latte di pecora come li fanno da quelle parti. Eh si ad ogni territorio il suo microclima e nel cuore della Val d’Orcia ne sanno qualcosa.

Ci sono arrivata dopo che pazientemente Massimo mi dava le indicazioni al telefono per non perdermi di nuovo dopo 5 km di strada bianca a metà strada tra Montepulciano e Pienza.

Finalmente avevo raggiunto l’azienda agricola con cui Massimo collabora e quando sono arrivata ho come avuto l’impressione di essere dentro ad un film di Salvatores… tipo MEDITERRANEO ma in Toscana.

Massimo mi ha raccontato la storia del Podere, mostrato gli animali condotti per la valle da una ragazza gallese poco più che trentenne che ha deciso di fare la pastora in Italia.

Mi mostra dove ci sono gli uliveti e mi parla di un amico che produce olio dalle sue olive. Mi presenta i ragazzi che lavorano in cucina, che organizzano corsi di panificazione e pizza per i turisti e i visitatori. E il caseificio dov’è? Finalmente ho conosciuto Silvia, la giovane casara che si occupa della produzione di pecorini e caprini a latte crudo. Con grande passione mi mostra la lavorazione, le celle dove maturano lentamente i formaggi. Alcuni volontari aiutano Silvia, studenti che dagli Stati Uniti si trasferiscono in Toscana per imparare le tecniche di fermentazione e la produzione di formaggi a latte crudo.

Chiedo a Massimo se posso portarmi a casa un po’ di formaggio, anche di capra. Lui guarda Silvia e sorride e poi mi dice: “Occhio che di questi ne abbian pochi e solo chi li merita può comprali!”

Ora sono nella cella di Toma & Tomi e ne son felice, anch’io li proporrò solo a chi li merita. Come poteva finire la mattinata se non a tavola con vista sulla Val d’Orcia? Grazie Massimo è stato un piacere conoscere il podere e la gente che ci lavora.

Mon chevre….

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Si parte.. Di lunedì si chiude tutto il giorno per andare nel bergamasco a trovare Valentina. Accompagnata dalla mia assaggiatrice di fiducia, Emilia, raggiungiamo Bergamo bassa. Il navigatore ci porta a destinazione anche se subito non vedo, o non mi pare di vedere nessun caseificio. Chiamo e Valentina mi dice, ” ti apro il cancello, mi trovi dietro al cortile”.

E’ come entrare in casa sua in tutti i sensi: mi spiega e mostra il suo mondo. Il caseificio e’ racchiuso in 120 mq e li assieme a suo marito produce formaggio a latte crudo di capra.

Fino al 2001 insieme hanno allevato capre, arrivando a conoscere bene comportamenti e razze, poi si sono decisi. In Francia hanno frequentato i corsi di caseificazione e al loro ritorno hanno aperto il loro caseificio, oggi lavorano 400 lt di latte al giorno proveniente da tre piccolissimi allevamenti nel raggio di 10 km. L’impronta francese nella tecnica e nell’aspetto si riconoscono immediatamente, Caprini freschi, fioriti, affinati, ricotta, tome di capra, brie, un trionfo di paste molli etc etc.

Non ci siamo sottratte all’assaggio e subito ho selezionato i prodotti da proporre ai clienti di Toma&Tomi! Grazie Valentina, si riparte, la giornata e’ appena iniziata, un saluto veloce a 5 km li vicino al casaro del taleggio e blu tunt e poi direzione Val Brembana.

Valtorta e il suo Formai de Mut.

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Aiuto. Pensavo di non arrivare più, un’ora e mezzo di curve e montagna sotto un tempo bizzarro, pioggia, grandine e vento. Meno male che la mia accompagnatrice dormiva! A Valtorta ho conosciuto Giuseppe, il casaro e poi ci ha raggiunti Silvano il presidente della coop di Valtorta. L’azienda ha 10 soci conferitori di latte, tutti gli allevamenti sono tra 1000 e 1200 mt., latte di montagna insomma. Ne lavorano circa 18 qt al giorno e producono a latte crudo, il formaggio per eccellenza della loro valle, il Formai de Mut.

Silvano ci ha mostrato la lavorazione e la sala stagionatura, ora si vendono le forme di 5 mesi che cominciano ad esprimere una certa personalità, mi spiega. Ma e’ meglio assaggiare e essendo l’ora della merenda non ci tiriamo indietro. Con il loro latte si producono anche due formaggi diventati presidi slow food: l’agrì, prodotto a mano solo ed esclusivamente a Valtorta e lo stracchino della Valle Orobica.

L’Agrì e’ l’espressione casearia di questa comunità: piccolo formaggio cilindrico a pasta cruda, richiede tre giorni di lavorazione e l’abilità del casaro, di Giuseppe in questo caso. La coagulazione e’ acida con aggiunta di un poco di pasta madre della lavorazione precedente, viene lasciato sgrondare in teli di lino stesi per 24 ore, poi si procede alla messa in forma manuale. Fresco assomiglia ad un caprino, da degustare con olio, sale e pepe anche se il latte e’ di vacca bruno alpina come per i restanti formaggi.

Lo stracchino invece, stagionato, ricorda il più famoso Taleggio, prodotto in caseifici più grandi. Ecco che per rimandare e richiamare la produzione artigianale dello stracchino di montagna, nasce il presidio slow food. Il latte intero appena munto viene lavorato subito, si parla infatti di munta calda e aggiunto caglio e siero innesto auto prodotto. Si produce nelle valli Orobica, Brembana, Serina e Taleggio. Il sapore e’ dolce quando fresco, profumi di fieno e erba fresca arrivano con stagionatura. Rimango incantata dalla passione con cui Silvano ci racconta i prodotti del suo territorio nonostante la stanchezza della giornata trapeli dal suo viso.
Soddisfatte ringraziamo e scendiamo dalla montagna, dopo tre ore di nuovo a casa!

Signore e Signori sua maestà il Bagoss

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Un lunedì di agosto, molti turisti nella zona del lago di Garda e del lago d’Idro, traffico e code, ma alla fine riesco a raggiungere Bagolino, paese di circa 4000 abitanti in provincia di Brescia arroccato sulla montagna lombarda.
Li mi aspetta Giovanni, assessore al territorio del comune di Bagolino nonché farmacista del paese.
Inizia subito a raccontarmi del formaggio Bagoss, espressione importante di quel territorio. Li la gente vive di turismo, di artigianato (lavorazione dell’ottone soprattutto), di imbottigliamento dell’acqua (Maniva) e di formaggio Bagoss.
Sono 28 le malghe dedite alla mungitura delle vacche di razza bruno alpina per la produzione del formaggio. Il latte una volta munto viene portato nella caldera e parzialmente scremato e lasciato riposare per 12 ore, poi si aggiunge il caglio e un pizzico di zafferano che conferisce alla pasta un colore giallo oro. La ragione dell’impiego della spezia e’ storica, infatti l’alleanza con la Serenissima di Venezia fece si che i signori di un tempo volessero un formaggio che assomigliasse all’oro e così fu!!
Occorrono circa 300 litri di latte per una forma di Bagoss che raggiunge anche i 20 kg di peso. Le forma vengono salate a secco e lavorate con olio di lino per poi essere inviate nei locali dediti alla stagionatura. Una forma e’ pronta solo dopo 18 mesi e raggiunge la sua massima espressione tra i 20 e 26 mesi di stagionatura. Ringrazio Giovanni per la preziosa visita e riparto scendendo dalla montagna, godendomi il panorama dall’alto sul lago d’Idro.

Vézzena o Vezzéna?

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L’accento giusta è sulla prima e !!!
Decido di coinvolgere la mia famiglia e una domenica di luglio si parte per l’altopiano di Lavarone. Mi aspetta Ivan, casaro del caseificio sociale di Lavarone per spiegarmi la lavorazione del Vezzena di Malga, presidio slow food!  Mi racconta che sono solo due le malghe che ospitano gli animali in alpeggio durante l’estate e che il latte della sera rimane in affioramento durante la notte. La mattina seguente viene parzialmente sgrassato, e la lavorazione inizia in caldaie apposite e distinte dal resto della produzione del caseificio, con l’aggiunta di un latto-innesto prodotto in caseificio e successivamente il caglio.
La forma rimane nelle fascere una giornata intera e poi portata nei locali per la salatura in salamoia, in immersione totale per 4 giorni. Il Vezzena di malga stagiona da un anno (mezzano), a due anni (vecchio) fino oltre i 18 mesi (stravecchio).
A fine giornata torno in pianura soddisfatta per aver imparato e conosciuto una nuova realtà casearia italiana ricca di storia e con una forma di Vezzena mezzano di malga in saccoccia.
Nella cella di Toma&Tomi in un paio di mesi diventerà Vecchio, pronto per essere assaggiato!

Si parte per Asiago!

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Le riserve di Toma&Tomi cominciano a calare, le forme di formaggio degli alpeggi 2012 sono quasi pronte, in pianura il caldo di fine luglio e’ insopportabile perciò si parte per Asiago con l’obiettivo di visitare il caseificio Pennar.
Decido di coinvolgere nella gita la mia bimba più grande, Emilia, sempre severa nei suoi giudizi sui formaggi.. questo e’ buono, questo non mi piace tanto, questo e’ troppo pizzichino etc. etc.
Ci aspetta Cristina, del caseificio Pennar, che dal… produce Asiago di montagna nelle diverse stagionature e rigorosamente a latte crudo. Ci mostra i locali di lavorazione dell’ Asiago, dove viene raccolto il latte e le diverse zone dove viene conferito a seconda che si produca Asiago d’allevo fresco e morbido o Asiago di montagna mezzano, vecchio e stravecchio. Infatti, nel primo caso, il latte confluisce in una macchina apposita per la pastorizzazione, mentre per gli stagionati il latte viene lavorato a crudo e con l’immissione del caglio inizia il processo. Cristina mi spiega che con 1000 lt. di latte si ottengono 10 forme di asiago e solo due forme di grana padano di montagna! Ebbene il caseificio Pennar produce il grana di montagna seguendo i principi della lavorazione  artigianale. Cristina prova a sponsorizzarlo, ma io con una battuta le dico che nella terra del Parmigiano di Toma & Tomi il grana, anche se di qualità, ha vita dura!
Con il latte che arriva in caseificio si produce anche la Tosela, formaggio fresco dal sapore di latte appena munto che Cristina mi consiglia di cucinare in padella antiaderente con una noce di burro, come se fosse una bistecca. Io ed Emilia abbiamo gia’ l’acquolina in bocca e la cena per la serata e’ già fatta! Ringraziamo Cristina per il tempo e le informazioni, scendiamo a valle con un bottino prezioso: asiago fresco, asiago mezzano del 2012 e asiago stravecchio del 2010, pronti per i clienti di Toma&Tomi.

Un formaggio per amico

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TOMA & TOMI consiglia di scegliere formaggi a latte crudo. Il latte crudo a differenza del latte pastorizzato non ha subito trattamenti termici; dopo la mungitura il latte raggiunge velocemente la temperatura di conservazione e immesso nelle bottiglie di plastica o vetro, pronto per il consumo. Tale procedimento consente al latte di mantenere tutte le proprietà nutritive, ma non solo, anche i profumi e gli aromi dell’erba e del fieno di cui si son nutriti gli animali. Il latte crudo appena munto, utilizzato per produrre formaggio, viene trasferito in caseificio e senza essere pastorizzato inizia il processo di cagliatura.

Ciò regala al formaggio gusti e sentori sempre diversi.
Un aspetto fondamentale per i caseifici che impiegano il latte crudo per la produzione di formaggio è il rispetto rigoroso delle norme igienico sanitarie, il mantenimento efficiente degli impianti di mungitura e ancor prima la pulizia delle stalle, la salute degli animali e la loro alimentazione.
Quando si assaggia un nuovo formaggio Toma & Tomi consiglia la degustazione in purezza, ciò consente di valutare al meglio sapore, gusto e aroma. Dopodiché si può “giocare” e abbinare il formaggio a marmellate, miele, aceto, a frutta e verdura fresca.
Tenete sempre disponibile dell’acqua naturale e bevetela per “pulire la bocca e il palato”, gesto semplice ma importante che consente durante le degustazioni di percepire i sentori di ciascun formaggio e di valutarne le caratteristiche.
Privilegiate la qualità, invece della quantità; Toma & Tomi consiglia di non superate mai quattro tipi di formaggio soprattutto se si desidera far seguire un primo piatto a completamento di una degustazione o di una cena.

La storia di Renato

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bottegaRicordo come se fosse oggi. Domenica 20 maggio, dopo la prima scossa di terremoto che ha colpito l’Emilia, con le bimbe al seguito io e mio marito siamo in partenza per andare a visitare Renato Brancaleoni, a Roncofreddo nel cuore della Romagna.
Nessuno della mia famiglia, ma come tanti altri in Emilia, avrebbe immaginato che quella notte era stato solo l’inizio di una terribile esperienza… ma questa è un’altra storia.

La “gita” domenicale a Roncofreddo ci aiutò ad alleggerire i pensieri; avevo deciso di iniziare l’avventura di Toma & Tomi, bisognava andare avanti, nonostante il terremoto!

Entrando nella bottega, ricordo di aver subito avuto la sensazione di essere nel posto giusto e fu così. Spiegai a Renato il progetto di Toma & Tomi e nonostante l’apparente distanza, mi diede subito dei consigli pratici, su come riconoscere i formaggi affinati correttamente e su come conservarli nella cella frigo del negozio. Non l’avevo ancora scelta la cella, ma sapevo già che caratteristiche doveva avere.
Ricordo che disse: “il mio pecorino affinato con le foglie di noce, uso le foglie dell’albero, quando cadono a fine stagione…” quasi a voler testimoniare la cura e l’attenzione dei suoi formaggi!

E continuò, facendoci assaggiare i suoi formaggi, dalla toma rossa affinata nel peperone rosso, al pecorino in foglia di noci, al pecorino di fossa, al blue erborinato dal gusto pronunciato ma deciso.
Io assaggiavo e avevo già fatto la mia personale classifica, quando mi accorsi che per tutto quel tempo avevo i miei piedi sopra la fossa!
Il pecorino fossa DELL’ABBONDANZA viene fatto riposare nelle fosse da agosto a novembre in particolari condizioni di umidità e microclimatiche… vale la pena aspettare ve lo assicuro.

Ci siamo salutati, con la mia promessa di ricontattarlo per il primo ordine e così è stato. I formaggi di Renato li trovi da Toma & Tomi: il pecorino di fossa, il pecorino affinato nelle foglie di noce, la toma rossa dal cuore morbido affinata nel peperone rosso e il blu matilde erborinato dolce classificatosi secondo all’ultima edizione “Infiniti blu” tenutasi a settembre a Gorgonzola.